PROGETTO / RAPPRESENTAZIONE

PROGETTO


Nel libro “Il territorio dell’architettura” di Vittorio Gregotti vengono considerate le varie componenti che contribuiscono alla definizione dell’architettura e al loro legame, ordinato allo scopo dell’abitare: tutto questo ha origine da un’intenzione, dalla volontà di realizzazione di un progetto.
Con il termine progetto si definisce l’insieme delle attività connesse tra loro, aventi come obiettivo il raggiungimento di un determinato scopo. Si può quindi affermare che il progetto è parte del complesso processo della pianificazione e progettazione, per il quale è necessaria una buona preparazione. “Il progetto è il modo con cui tentiamo di mettere in atto la soddisfazione di un nostro desiderio” per raggiungere la sua realizzazione è quindi necessario “un tempo riempito dallo sforzo di organizzare una serie di fenomeni”.
Il risultato finale è quindi fortemente influenzato dalle decisioni prese in corso d’opera, da come vengono risolti, “organizzati e fissati gli elementi di un certo problema”. È grazie al progetto che l’architetto comunica il suo desiderio, impiegandolo appunto come “insieme di simboli coi quali cerchiamo di fissare e comunicare la nostra intenzione architettonica”.
Esistono diverse tipologie di progetto, che variano dal piccolo intervento fino a quello su vasta scala che, grazie anche alle diverse tecniche impiegate, tende a “dotare il progetto architettonico a tutti i livelli scalari di una particolare completezza quasi oggettuale, a fondare quindi al suo interno una metodica di controllo definita”.
Nel caso in cui il progetto fosse destinato a rimanere solo sulla carta e non venisse realizzato a seguito di una decisione progettuale si può parlare di progetto utopico, il quale “sospende e proietta la realtà in un universo senza storia, e tuttavia indica una direzione di trasformazione”. Inoltre il progetto utopico “è sempre accompagnato da una visione circolare, di definitiva sistemazione di tutti i rapporti, è utopia politica e sociale oltre che spaziale, e da questo trae la sua stessa carica di significato progettuale”. Questo fatto si pone in netta contrapposizione con le modalità di realizzazione del modello, che necessita di stabilire relazioni finite in un contesto specifico, non presentandosi come metodo generale.
Tra i diversi mezzi che concorrono al formarsi dell’immagine del progetto, lo schizzo costituisce una prima fase nella quale si fissano alcuni elementi provvisori, accompagnata poi da annotazioni, grafici e documenti “coi quali indaghiamo e scegliamo i dati del problema e li poniamo in discussione”. L’insieme di tutti questi dati ci conduce alla formazione dell’ipotesi di progetto, che deve essere vista non solo come un modo per assemblarli, ma “come un modo architettonico di formarli, di proporli, di connetterli”. Per una corretta esecuzione dell’opera è necessario che per la comprensione di questi dati si faccia riferimento ad un insieme di simboli istituzionalizzati, in modo da assicurare la massima chiarezza al messaggio che si vuole comunicare. Questo può dimostrarsi non semplice a causa dei nuovi sistemi di produzione che, con l’aumentare delle dimensioni dei semilavorati, necessitano di notazioni più precise e che aumentano il bisogno di indicazioni relative al progetto.


Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura, Feltrinelli 2008

Ceresa Desirée













La “pratica teorica”
Sergio Crotti
Elaborazione della lezione magistrale tenuta da Sergio Crotti il 4 novembre 2010 presso la Trentino School of Management per la Step (Scuola per il governo del territorio e del paesaggio)
Mattia Gregorio
Progetto
Il binomio progetto-paesaggio presuppone un rapporto biunivoco tra i termini “(…) in quanto relazione strutturale intercorrente tra atto previsionale da un lato e fatto consequenziale dall’altro (…)” (pag.1)
Il termine progetto non si relaziona direttamente al paesaggio “se non per il tramite del piano, intercessore necessario dell’apporto progettuale, il cui ruolo va sottolineato anche in ragione della mira gestionale di questa Sede ospitante." (pag.4)
Crotti con quest’ultima frase si riferisce alla sede del Congresso presso la Trentino School of Management, la Scuola per il governo del territorio e del paesaggio, dove il 4 novembre 2010 ha tenuto una lezione in cui evidenzia come “(…) il paesaggio dev’essere posto al centro delle scelte di governo del territorio (…).” (pag.1)
La pianificazione agisce su scale d’intervento differenti e scompone in parti il territorio, come se si trattasse di un mosaico, per poi ricomporlo diversamente attraverso i vari livelli di progettazione.
“Se la pianificazione infatti definisce, ordina e governa la trasformazione del territorio, ciò avviene grazie all’implicito contenuto progettuale che anticipa obbiettivi, condizioni e ruolo degli interventi affidati a specifici strumenti, per attualizzarne i paesaggi immaginati.” (pag.4)
Una critica nasce dalla mancanza di una pre-visione d’insieme su cui basare una successiva sintesi dei risultati ottenuti.
Il progetto ha il ruolo di essere uno strumento prefigurativo che ha difficoltà nell’esporre i contenuti delle proprie strategie di piano e nel cogliere le specificità del contesto per raggiungere gli obbiettivi prefissati.
Il ruolo del progetto è di “(…) operatore modificativo degli assetti insediativi esistenti, a vario grado e a diverse scale (…).” (pag. 4) e deve definire ogni volta la configurazione morfologica, la caratterizzazione tipologica e la graduazione tecnologica.
La configurazione morfologica si occupa “delle nuove modificazioni apportate al paesaggio
in rispondenza alla morfologia esistente nella quale s’inserisce e sulla quale proietta uno sguardo stratigrafico (…).” (pag. 4) con cui cogliere i fattori di stabilità e gli elementi generatori per dar via al processo morfologico. Solamente valorizzando gli aspetti più profondi e radicati nel contesto si può sviluppare quel processo di studio delle forme che trasforma il nuovo intervento in una componente viva del paesaggio.
La caratterizzazione tipologica tratta l’aspetto della “(…) specificazione formale implicita nell’iscrizione genetica al contesto, (…)” (pag.4), libera dall’imitazione dei classici stereotipi e in cui bisogna ricercare le particolarità per valorizzare l’identità e l’appartenenza strutturale alla geografia antropica di quel luogo.
La graduazione tecnologica presuppone”(…) una integrazione avanzata dei requisiti costruttivi, funzionali, prestazionali con e attraverso l’architettura, in quanto sintesi totalizzante delle parti entro la concezione complessiva dello spazio alle diverse scale di compresenza formale e infrastrutturale, commisurata alle condizioni contestuali: (...) rispettare quegli equilibri ambientali cui concorrono alla pari le scelte progettuali morfologiche e tipologiche e insieme organicamente mirare al conseguimento di un’architettura integrata alle diverse scale.” (pag.5);
“Per raggiungere un simile obbiettivo, il progetto è chiamato ad una drastica responsabilità ideativa ed applicativa: conferire il massimo grado di necessità alle risposte architettonico-urbane-ambientali formulate per tutti gli aspetti compresenti in ogni proposta d’intervento, escludendo qualsiasi fattore di arbitrarietà formale, funzionale, tecnica, anche secondaria, addittiva o comunque giustificata da presunte efficienze o prescrizione esterne.” (pag.5)
Bisogna rendere ancora più efficace questo metodo progettuale nelle aree a maggior valore paesaggistico attraverso il raggiungimento di un equilibrio, difficile da ottenere, tra gli obbiettivi del progetto e le caratteristiche del contesto, che dovrà essere valutato da esperti sulle trasformazioni territoriali.
La contrapposizione tra pratico e teorico avviene anche a livello del processo progettuale e bisogna evidenziare come questi siano complementari per l’attività progettante. Nella cultura occidentale si preferisce la pratica a scapito della teoria in quanto appare più vicina all’effetto concreto e materiale dell’agire dell’uomo, ma per comprendere quali dei due aspetti sia il prevalente dice che “Per tentare di dare una riposta, è necessario muovere dal loro rapporto che simultaneamente esprime la comunione e la divisione dei ruoli, il loro nesso dialettico e soprattutto ne stabilisce il vincolo biunivoco, entro l’instabile equilibrio delle reciproche prevalenze” (pag.6)



Peter Eisenman, La fine del classico e altri scritti, Mimesis, 2009

Fabiana Bana 782318

Nella storia della rappresentazione dell’ architettura occidentale Eisenman individua due apparenti momenti di rottura con la tradizione precedente nel Rinascimento e nel Movimento Moderno. L’ invenzione rinascimentale della prospettiva permette di rappresentare spazi tridimensionali nel piano, sviluppando un nuovo rapporto tra architettura e immagine architettonica: la prospettiva è uno strumento di rappresentazione dell’ architettura ma l’ architettura è funzionale all’ utilizzo della prospettiva nei dipinti, dei quali spesso costituisce lo sfondo o l’ ambientazione. Per l’ architetto rinascimentale la prospettiva era una condizione propria della realtà non una sua rappresentazione, era “…la mediazione tra l’ uomo e la natura, tra ciò che egli vede e il modo in cui lo vede”. Questa visione della prospettiva subisce un’ evoluzione con l’ architettura di Palladio che la disconosce come legge naturale, classificandola invece come uno strumento artificiale che però egli non utilizza. “Per il Palladio l’ immagine diventa un segno e il segno non è tanto la rappresentazione di qualcos’ altro, quanto il codice per il suo sistema interno “. Il modernismo in architettura si preoccupa di una rottura con il passato, abbandonando il decorativismo e la varietà degli elementi dell’ architettura attraverso un processo di astrazione (ed esempio una facciata o una colonna spoglia vengono considerate astrazione di facciata e colonna), finalizzato alla ricerca dell’ oggetto in sé, ma che secondo Eisenman , altro non è che una rappresentazione classica degli elementi dell’ architettura. Al contrario di quanto accade nelle altre arti, dove il modernismo rompe il rapporto soggetto/oggetto rendendo l’ oggetto oggetto in sé non riferito al soggetto, l’ architettura moderna rimane in un rapporto di continuità con il passato, rimanendo inalterato il rapporto soggetto/oggetto. Si va però nella direzione di un cambiamento con la sostituzione dell’ assonometria alla prospettiva: le dimensioni reali degli oggetti rappresentati dall’ assonometria non potevano essere falsate dall’ occhio umano come invece accadeva nelle rappresentazioni prospettiche, tuttavia era ancora il soggetto a leggere il significato che non era dato dall’ oggetto in sé.
Eisenman analizza lo strumento del modello come capace di mettere in discussione il rapporto soggetto/oggetto. Fino all’ architettura moderna il modello architettonico viene visto come una replica ridotta e impoverita della realtà/progetto e quindi poco rappresentativo. Eisenman lo pone in contrapposizione al disegno, per criticare la validità di quest’ ultimo e ne individua tre assi principali: la scala, il tempo e la rappresentazione. Attraverso gli esperimenti sulla sequenza di case indaga la natura della realtà e della rappresentazione. In particolare la Casa I è una casa costruita come un modello con innesti con carta vetrata e incollaggio a mano, nella quale colonne e travi non hanno funzione tanto di struttura quanto di segno di struttura. La Casa II è invece costruita per sembrare un modello ed è caratterizzata dall’ assenza di tutti quegli elementi che identificano la realtà come le scossaline, le modanature…, è costruita in acciaio e legno e poi rivestita in silicone per farla sembrare un modello. La provocazione lanciata dall’ autore è: Quale è la realtà e quale il segno della realtà?
Nel saggio “La fine del classico. La fine dell’ inizio e la fine della fine” Peter Eisenman individua tre fiction (simulazioni, racconti) che definiscono l’ ordine classico: la rappresentazione, la ragione e la storia. L’ approfondimento del concetto di rappresentazione individua di nuovo una rottura nel Rinascimento. Fino al Rinascimento c’è infatti corrispondenza tra linguaggio e rappresentazione. Il significato è nelle cose in sé senza riferimenti all’ architettura del passato. Con la riscoperta della classicità che caratterizza il periodo rinascimentale l’ architettura è in continuo riferimento con il passato. Il messaggio del passato è utilizzato per verificare il significato del presente. L’ architettura è rappresentazione di un’ architettura passata. L’ architettura moderna manifesta l’ intenzione di liberare sé stessa dalla fiction della rappresentazione ricorrente fin dal Rinascimento. Gli architetti moderni ritengono non necessario per l’ architettura rappresentare un’ altra architettura già esistente, essa non deve esprimere nulla di più della sua funzione. Tale scopo viene perseguito attraverso il processo di astrazione, il liberarsi degli ornamenti esterni del classico. Ma Eisenman contesta la validità di questo processo, che si riduce a una rappresentazione classica degli elementi dell’ architettura e quindi altro non è che un tentativo di rappresentare la realtà stessa, esattamente come avviene nella fiction della rappresentazione. La fine della fiction della rappresentazione di altro da sé stessa può essere trovata nel cambiamento di visione da un’ architettura come immagine a un’ architettura come scrittura dove il concetto di traccia non è rappresentazione di un’ oggetto ma di un processo di composizione della realtà al quale l’ osservatore si pone senza preconcetti riguardo l’ architettura, sovvertendo quindi il rapporto soggetto/oggetto.


Peter Eisenman, La fine del classico e altri scritti, Mimesis, 2009

Fabiana Bana 782318

Nella storia della rappresentazione dell’ architettura occidentale Eisenman individua due apparenti momenti di rottura con la tradizione precedente nel Rinascimento e nel Movimento Moderno. L’ invenzione rinascimentale della prospettiva permette di rappresentare spazi tridimensionali nel piano, sviluppando un nuovo rapporto tra architettura e immagine architettonica: la prospettiva è uno strumento di rappresentazione dell’ architettura ma l’ architettura è funzionale all’ utilizzo della prospettiva nei dipinti, dei quali spesso costituisce lo sfondo o l’ ambientazione. Per l’ architetto rinascimentale la prospettiva era una condizione propria della realtà non una sua rappresentazione, era “…la mediazione tra l’ uomo e la natura, tra ciò che egli vede e il modo in cui lo vede”. Questa visione della prospettiva subisce un’ evoluzione con l’ architettura di Palladio che la disconosce come legge naturale, classificandola invece come uno strumento artificiale che però egli non utilizza. “Per il Palladio l’ immagine diventa un segno e il segno non è tanto la rappresentazione di qualcos’ altro, quanto il codice per il suo sistema interno “. Il modernismo in architettura si preoccupa di una rottura con il passato, abbandonando il decorativismo e la varietà degli elementi dell’ architettura attraverso un processo di astrazione (ed esempio una facciata o una colonna spoglia vengono considerate astrazione di facciata e colonna), finalizzato alla ricerca dell’ oggetto in sé, ma che secondo Eisenman , altro non è che una rappresentazione classica degli elementi dell’ architettura. Al contrario di quanto accade nelle altre arti, dove il modernismo rompe il rapporto soggetto/oggetto rendendo l’ oggetto oggetto in sé non riferito al soggetto, l’ architettura moderna rimane in un rapporto di continuità con il passato, rimanendo inalterato il rapporto soggetto/oggetto. Si va però nella direzione di un cambiamento con la sostituzione dell’ assonometria alla prospettiva: le dimensioni reali degli oggetti rappresentati dall’ assonometria non potevano essere falsate dall’ occhio umano come invece accadeva nelle rappresentazioni prospettiche, tuttavia era ancora il soggetto a leggere il significato che non era dato dall’ oggetto in sé.
Eisenman analizza lo strumento del modello come capace di mettere in discussione il rapporto soggetto/oggetto. Fino all’ architettura moderna il modello architettonico viene visto come una replica ridotta e impoverita della realtà/progetto e quindi poco rappresentativo. Eisenman lo pone in contrapposizione al disegno, per criticare la validità di quest’ ultimo e ne individua tre assi principali: la scala, il tempo e la rappresentazione. Attraverso gli esperimenti sulla sequenza di case indaga la natura della realtà e della rappresentazione. In particolare la Casa I è una casa costruita come un modello con innesti con carta vetrata e incollaggio a mano, nella quale colonne e travi non hanno funzione tanto di struttura quanto di segno di struttura. La Casa II è invece costruita per sembrare un modello ed è caratterizzata dall’ assenza di tutti quegli elementi che identificano la realtà come le scossaline, le modanature…, è costruita in acciaio e legno e poi rivestita in silicone per farla sembrare un modello. La provocazione lanciata dall’ autore è: Quale è la realtà e quale il segno della realtà?
Nel saggio “La fine del classico. La fine dell’ inizio e la fine della fine” Peter Eisenman individua tre fiction (simulazioni, racconti) che definiscono l’ ordine classico: la rappresentazione, la ragione e la storia. L’ approfondimento del concetto di rappresentazione individua di nuovo una rottura nel Rinascimento. Fino al Rinascimento c’è infatti corrispondenza tra linguaggio e rappresentazione. Il significato è nelle cose in sé senza riferimenti all’ architettura del passato. Con la riscoperta della classicità che caratterizza il periodo rinascimentale l’ architettura è in continuo riferimento con il passato. Il messaggio del passato è utilizzato per verificare il significato del presente. L’ architettura è rappresentazione di un’ architettura passata. L’ architettura moderna manifesta l’ intenzione di liberare sé stessa dalla fiction della rappresentazione ricorrente fin dal Rinascimento. Gli architetti moderni ritengono non necessario per l’ architettura rappresentare un’ altra architettura già esistente, essa non deve esprimere nulla di più della sua funzione. Tale scopo viene perseguito attraverso il processo di astrazione, il liberarsi degli ornamenti esterni del classico. Ma Eisenman contesta la validità di questo processo, che si riduce a una rappresentazione classica degli elementi dell’ architettura e quindi altro non è che un tentativo di rappresentare la realtà stessa, esattamente come avviene nella fiction della rappresentazione. La fine della fiction della rappresentazione di altro da sé stessa può essere trovata nel cambiamento di visione da un’ architettura come immagine a un’ architettura come scrittura dove il concetto di traccia non è rappresentazione di un’ oggetto ma di un processo di composizione della realtà al quale l’ osservatore si pone senza preconcetti riguardo l’ architettura, sovvertendo quindi il rapporto soggetto/oggetto.


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