FORMA / ORDINE / MODULO / TIPO


FORMA

KEVIN LYNCH, L'IMMAGINE DELLA CITTA', PADOVA 2009

Il concetto di forma all'interno del testo di Kevin Lynch assume varie caratteristiche e connotazioni e si ricollega a molte altre parole chiave; in quest'opera viene analizzato soprattutto il concetto di forma nell'ambito architettonico e più precisamente viene esaminato sotto l'aspetto della forma urbana.
La città e la sua forma sono due elementi strettamente connessi e la percezione assume un ruolo di rilevanza in questa relazione. La città può essere considerata come un'entità in continua trasformazione: in questa continua evoluzione non vengono cambiate le linee generali della città, ma solo i dettagli. Quindi possiamo affermare che nonostante queste continue modificazioni la forma della città rimane una caratteristica stabile. La forma di una città quindi risulta essere un elemento fisso e sostanzialmente costante, permettendo alla città stessa di aver una sua identità.
La forma però non è l'unico elemento che caratterizza e conforma una città: essa si associa ad una serie di altri elementi che portano la città ad avere un'identità chiara e leggibile. La forma quindi oltre a dare una struttura ad ogni singola città, contribuisce anche alla formazione della sua immagine.
Lo stesso Lynch afferma che:”la forma urbana deve essere facilmente comunicabile, quindi chiara e leggibile: in questo modo l'immagine della città che si otterrà della avrà un significato”. (pag. 24-31)
L'autore associa poi il concetto di forma a quello di figurabilità. Lui definisce la figurabilità come “la forma, il colore o la disposizione che facilitano la formazione di immagini ambientali vividamente individuate, potentemente strutturate, altamente funzionali”.
Con questa definizione si vuole indicare come la forma contribuisca alla creazione di un'immagine della città, la quale resta comunque un elemento strettamente connesso alla percezione dell'uomo. L'immagine è quindi un elemento soggettivo che cambia da individuo ad individuo ed avviene non solo attraverso i sensi ma anche grazie ad impulsi che arrivano direttamente dall'ambiente circostante. Lynch pone molta importanza all'idea della figurabilità della forma urbana: una città con una forma chiara e ordinata permette a chi vi abita o semplicemente a chi la attraversi, di avere dei riferimenti e orientamenti precisi, consentendo così di stabilire delle relazioni. La forma gioca un ruolo fondamentale nella costruzione dell'immagine della città e si lega anche all'idea di orientamento. Nessuno può costituire un'immagine della città senza avere una conoscenza interiore della sua forma fondamentale del luogo e/o il suo orientamento. (pag 27, 31-35)
L'immagine di una città è caratterizzata quindi da una serie di elementi e la forma urbana è uno di essi. Come già accennato in precedenza la forma è una caratteristica che si lega soprattutto alla percezione: quindi risulta essere un elemento estremamente variabile e che può assumere, a seconda del soggetto osservatore, connotazioni differenti. Nonostante questa estrema soggettività, vi sono degli elementi, delle caratteristiche della forma, che permettono di costituire un'immagine della città comune a tutte le possibili percezioni.
La forma quindi può essere classificata secondo cinque elementi: percorsi, margini, quartieri, nodi e riferimenti.
Percorsi = con questo termine si intendono quelle linee che i soggetti percorrono all'interno della città. L'osservatore si muove all'interno dello spazio urbano seguendo i percorsi.
Margini = non vengono intesi dal soggetto come percorsi; essi rappresentano i confini, i bordi, le delimitazioni di un'area,con determinate caratteristiche, da un'altra con una sua differente identità.
I margini vengono visti come dei riferimenti esterni e possono individuare delle barriere.
Quartieri = aree o porzioni di città che assumono caratteristiche specifiche riconoscibili dall'osservatore.
Nodi = elementi o luoghi specifici di una città, verso i quali e dai quali il soggetto si muove.
Riferimenti = elementi esterni della forma; il soggetto non entra all'interno di questi elementi. Sono degli oggetti fisici che l'osservatore utilizza per orientarsi all'interno di un luogo.
Questi cinque elementi, se presi singolarmente, non rendono possibile la realizzazione di un'immagine di città; essi devono essere analizzati e sovrapposti gli uni sugli altri: in questo modo le caratteristiche della forma collaborano nella formazione dell'immagine della città. (pag. 65-67)
Nella seconda parte del libro Lynch affronta il tema della forma della città. Come già analizzato in precedenza la forma di un luogo è strettamente legata alla percezione del soggetto osservatore. La forma quindi non deve essere troppo complessa, ma deve assumere le caratteristiche di chiarezza e leggibilità, ed essere plasmabile con le percezioni dei singoli soggetti.
La forma urbana si lega anche alla memoria delle persone che hanno avuto una determinata esperienza in una parte della città. L'autore inoltre sottolinea la differenza tra la città e la periferia: la prima si costituisce e caratterizza grazie alle presenza di una forma urbana; la periferia invece risulta essere spesso priva di una forma caratterizzante. “Le città famose soffrono tutte alla periferia della stessa smarginatura priva di forma.” (pag 103-106)
La forma inoltre può essere vista come la somma e l'insieme di molte caratteristiche percepibili dal soggetto e la sua definizione non può essere ridotta ad un singola caratteristica. In ambito architettonico la forma si suddivide nelle seguenti categorie:
Singolarità o chiarezza di figura sfondo = la figura, il profilo di un oggetto o di un elemento che lo rende riconoscibile. In architettura parliamo più semplicemente di contesto sia naturale che artificiale.
Semplicità di forma = si riferisce alla geometria di una forma e alla sua semplicità e chiarezza. Più un oggetto ha una forma chiara maggiore sarà la possibilità per il soggetto di identificarlo con un'immagine.
Continuità = la percezione di un luogo viene semplificata nel momento in cui si riconosce la continuità di elementi come margini o superfici. La ripetizione facilita la percezione e la creazione di un'immagine
Preminenza = indica la gerarchia e l'ordine. L'immagine di una città e la percezione della forma risultano semplificati nel momento in cui viene stabilito o si riconosce un ordine e/o una gerarchia.
Chiarezza di connessione = la struttura di un luogo è resa più chiara quando si hanno delle connessioni visibili e percepibili.
Differenza direzionale = indica quegli elementi che costituiscono delle differenze tra un estremità ed un'altra. Siamo di fronte a delle asimmetrie e si utilizzano nella progettazione strutturale a larga scala.
Ambito di visione = qualità della forma che è strettamente legata alla vista e allo sguardo; questi elementi permettono di avere un visione chiara ed una più facile comprensione dell'immagine unitaria.
Consapevolezza di movimento = ci si riferisce a quelle sensazioni fisiche che permettono al soggetto di avere la consapevolezza del movimento all'interno di uno spazio. Attraverso la consapevolezza del movimento il soggetto riesce a percepire la forma attraverso l'esperienza del movimento.
Serie temporali = elementi che possono essere percepiti solo se posti in una sequenza temporale; gli elementi si collegano con quelli precedenti e/o successivi.
Nomi e significati = sono quegli elementi non fisici che aumentano la figurabilità di un oggetto.
Tutte queste caratteristiche non operano singolarmente, ma tutte insieme costituiscono una forma con delle caratteristiche particolari; bisogna però tener presente che una forma determinata non per deve avere al suo interno tutte le caratteristiche sopra descritte anche se, la mancanza di una di queste qualità rende la forma debole; allo stesso modo anche quando siamo in presenza di due qualità in conflitto l'effetto finale potrebbe richiedere uno sforzo maggiore per la comprensione della forma stessa. (pag.116-119)
Nel momento in cui si analizza una città, si entra in contatto anche con la sua forma, ovvero con la forma urbana. Le metropoli si strutturano secondo diverse gerarchie. Il primo metodo di organizzazione consiste nel costituire un unico grande quartiere nel quale poi si inseriscono tre sottoquartieri, i quali sono ulteriormente suddivisi al loro interno. In questo caso siamo di fronte a un'organizzazione di tipo statico della forma urbana. Esiste una seconda tecnica di realizzazione della forma urbana: essa non si basa su di un sistema gerarchico, ma bensì si caratterizza per la presenza di un elemento dominante al quale poi si relazionano elementi minori.
Questi due metodi però non sono i più idonei per la costituzione di una forma di città: il metodo più efficace è quello che si basa sull'esperienza. Il soggetto percepisce la città attraverso l'esperienza; le forme vengono comprese e studiate quando vengono riferite ad uno schema, ad una sequenza temporale. In questo modo la forma risulta essere associata anche alla sfera temporale. Il tempo gioca un ruolo determinante nella definizione della forma: attraverso gli schemi temporali il soggetto riesce a percepire e comprendere le forme; la stessa percezione della forma di un oggetto avviene attraverso il movimento del soggetto che si realizza in un determinato periodo temporale. “Considerando il nostro modo presente di fare l'esperienza di un'ampia area urbana, uno è tuttavia portato a un altro tipo di organizzazione: quello della sequenza, o dello schema temporale.” (pag. 123-124)
La forma di un oggetto o di una città non rimane semplicemente un qualcosa di idealizzato, ma può essere rappresentata attraverso il disegno. Il designer partendo dall'immagine mentale che ha di una forma, la restituisce attraverso il disegno cercando non di realizzare una forma fisica in sé, bensì un'immagine pubblica che abbia delle qualità specifiche. Lynch, riferendosi alla figura del designer, lo associa principalmente alla costituzione del disegno di una forma urbana; il designer utilizza tutti gli strumenti e gli elementi della forma e li assembla per far uscire la vera forma della città che, come già detto in precedenza, non è la forma fisica ma un'immagine mentale di qualità. Il metodo migliore per il raggiungimento di questo risultato è quello che si rifà alla sfera temporale: nel momento in cui si utilizzano delle sequenze o degli schemi temporali ci troviamo di fronte ad una continuità tra i vari elementi. Grazie a questa continuità la leggibilità di una forma risulta semplificata e quindi anche la stessa creazione dell'immagine risulta più semplice. Questo procedimento si può applicare sia per la creazione di nuove immagini che per la rielaborazione di immagini esistenti: l'obiettivo finale sarà sempre quello di realizzare un'immagine pubblica della forma urbana con delle qualità. “L'obiettivo finale di un simile piano non è la forma fisica in sé stessa, ma la qualità di un'immagine mentale.” (pag. 127-130)

Antonella Maraio






FORMA

Kevin Lynch - L’immagine della città - Marsilio editore 2009

Il concetto di  forma è di fondamentale importanza in relazione alla “cosa dell’architettura”. Esso infatti è legato ad una serie di altri concetti chiave quali, nel caso di Lynch, ordine, percezione, figurabilità e immagine ambientale, mentre più in generale quelli di tipo, composizione, progetto e tempo.
“L’ immagine della città” cerca di mettere in luce il rapporto che lega gli elementi della città esistente e le mappe mentali di chi la frequenta. L’obiettivo è capire quali siano gli elementi dello spazio urbano su cui il progettista può lavorare per migliorare l’immagine ambientale della città. Dopo aver definito alcuni concetti legati alla formazione dell’immagine ambientale (leggibilità e figurabilità in particolare), l’autore passa all’analisi di tre casi studio che prevedono il disegno delle mappe mentali dei cittadini attraverso interviste dirette. Da queste è risultato che lo spazio urbano è percepito secondo cinque categorie principali: percorsi, riferimenti, margini, nodi e quartieri.     La forma di questi elementi sarà quindi cruciale nella definizione di un’immagine di città che sia altamente leggibile e figurabile.


Il concetto di forma è espresso nel testo di Lynch fin dalla prefazione e, in modo esplicito o meno, è alla base di tutta la problematica affrontata dall’autore. Si parla infatti di “Conferire una forma visiva alla città” cioè di creare un’immagine della città e di offrire alcuni principi per il disegno urbano.
[Prefazione]

L ’immagine ambientale di un soggetto è fortemente condizionata dalla realtà urbana e dalle sue caratteristiche sia morfologiche che sociali, quindi, per analizzare gli elementi alla base della sua creazione, vengono introdotti concetti legati alla struttura urbana e alla percezione dell’osservatore. Questo, a seconda della forma e della struttura dell’ambiente, trarrà una sua immagine che sarà quindi condizionata dalla leggibilità, cioè “la facilità con cui le sue parti (della città) possono venire riconosciute e possono venire organizzate in un sistema coerente” e dalla figurabilità dell’ambiente stesso. Quest’ultimo concetto è di particolare importanza per la costruzione dell’immagine ambientale e va oltre alla semplice leggibilità, infatti viene definito come “qualità che conferisce ad un oggetto fisico (in particolare la sua forma, colore o disposizione) un’elevata probabilità di evocare in ogni osservatore una immagine vigorosa”.  Quindi, visti gli obiettivi, indagare la figurabilità della forma urbana è al centro dello studio svolto dall’autore.
 [Cap.1 - pag.24,28,31,32]

I concetti introdotti per analizzare la forma urbana sono centrali nell’analisi degli esempi riportati di Boston, Jersey City e Los Angeles. Attraverso le interviste ai cittadini si sono ricostruite le loro immagini di città che messe a confronto con la realtà hanno portato a capire quali forme sono facilmente leggibili e quali dotate di buona figurabilità. E’ interessante notare come le diverse situazioni abbiano evidenziato determinate carenze e sostanziali differenze: ”La mancanza di carattere è evidente al primo sguardo, quando si compari all’equivalente diagramma di Boston la rappresentazione degli elementi [...] distintivi di Jersey City. La pianta di Jersey city che ne risulta è quasi vuota”. Questo esempio in particolare colpisce e dimostra come una forma urbana poco figurabile possa “cancellare” l’identità di una città dalla mente dei loro cittadini che dovendo presentare un simbolo per essa, proponevano spesso il profilo di New York. Da quest’analisi è evidente che quando lo spazio ha una forma riconoscibile e caratterizzata, e quando svolge un ruolo facilmente comprensibile, le sue peculiarità si imprimono più facilmente nella memoria.
[Cap.2 - pag.37,49,51,61]

E’ quindi necessario scoprire il ruolo della forma per rinforzare i significati che si vogliono attribuire ad un determinato elemento. “Nelle immagini urbane studiate sinora, i contenuti riferibili alle forme fisiche possono venire strumentalmente classificati in cinque tipi di elementipercorsi, margini, quartieri, nodi e riferimenti”. Questo significa che dalla composizione di questi elementi e dalla loro forma dipende gran parte della figurabilità dell’ambiente e di conseguenza l’immagine ambientale di chi percepisce un determinato spazio.
[Cap.3 - pag.65]

Per essere facilmente figurabile non è necessario che una città sia ordinata in uno schema razionale e rigoroso, questo avrebbe l’effetto opposto, cioè di rendere tutto simile e privo di identità, ma “la forma dev’essere in certa misura non impegnativa, modellabile per i propositi e le percezioni dei cittadini”. Però ci sono alcune funzioni fondamentali di cui la forma della città può essere espressione e sono la circolazione, le principali utilizzazioni del suolo e i punti focali chiave. Se un ambiente fosse leggibile da un soggetto questo potrebbe associargli più facilmente dei significati e renderlo inconfondibile. Quindi l’obiettivo è disegnare e dare forma agli elementi prima citati riuscendo a conferire attributi singolari che possano dargli un carattere di unicità e differenziarli dal resto. In questo modo è possibile migliorare la figurabilità dell’ambiente e rendere più chiara l’immagine della città di ciascun soggetto.                                                  
[Cap.4 ]


 Enrico Scrivani





FORMA
Kevin Lynch, L'immagine della città, edizione 2009




capitoli:
  1. L'immagine della citta' e i suoi elementi   Pag.    65-101
  2. La forma della città                                       Pag. 102-128


La forma contribuisce a determinare l'immagine della città ed a rinforzarne il suo significato, per questo motivo le due parole chiave a mio parere sono strettamente connesse ed in continua evoluzione.
La determinazione e la creazione di una buona forma urbana influiscono sulla qualità visiva di una città, rendendo il paesaggio urbano chiaro e leggibile; questi due aggettivi secondo il mio punto di vista rappresentano il fine ultimo della ricerca della forma.
La percezione della città per l'uomo avviene non solo grazie alle sue capacità sensoriali, come l'udito, il tatto, la vista e l'olfatto, ma anche grazie agli impulsi e agli stimoli che l'ambiente stesso gli offre: un ambiente ordinato e ben conformato visivamente permette ai suoi abitanti di individuare riferimenti e orientamenti precisi e di conseguenza stabilire con esso relazioni armoniose.
Va detto che l'immagine di una città è soggettiva per ogni singolo individuo, che stabilisce un suo personale rapporto con l'ambiente; è comunque possibile raccogliere delle immagini di gruppo, ovvero caratteri che sono comuni ad un certo numero di osservatori e che consentono di determinare un' “immagine pubblica”, sulla quale è possibile lavorare per sviluppare una nuova forma, o modificarne una già esistente.
I contenuti della forma sono divisibili in cinque elementi principali:
-        Percorsi: sono gli elementi urbani predominanti, canali attraverso i quali l'osservatore si muove, quindi strade, vie pedonali, linee di trasporti pubblici, canali e ferrovie.
Le caratteristiche principali che i percorsi devono possedere sono l'identificabilità e la continuità, che possono essere rese possibili grazie all'utilizzo di elementi particolari, come un edificio o la sua facciata, oppure un insieme di edifici con una funzione comune; anche un'alberatura abbondante contribuisce a rafforzare l'immagine di un percorso, o ancora una qualunque strategia che permetta all'osservatore di dare una precisa definizione del percorso. Un'ulteriore caratteristica è l'aggettivazione direzionale, che rende possibile distinguere con facilità un cambiamento direzionale e può essere ottenuta mediante l'utilizzo di gradienti.
Questi ultimi possono essere gradienti topografici, gradienti di intensità d'uso, gradienti della crescente età degli edifici o ancora variazioni costanti nella direzione del movimento.
Ultima caratteristica è la modulazione, che contribuisce a rendere ancora più definita l'aggettivazione direzionale, dando la possibilità all'osservatore di valutare più chiaramente la propria posizione all'interno del suo percorso, con l'aiuto di una sequenza di riferimenti o di nodi lungo la strada.
Un'attenzione particolare va data in prossimità degli incroci con altri percorsi, il visitatore infatti deve comunque essere in grado di trovare la strada, anche in presenza di percorsi alternativi di uguale importanza.
-        Margini: sono elementi lineari che non vengono considerati come percorsi dall'osservatore, ma sono riferimenti esterni che partecipano comunque all'organizzazione dei percorsi; sono confini tra due diverse fasi, interruzioni lineari di continuità: mura, rive, margini di sviluppo edilizio.
Continuità e visibilità sono le caratteristiche fondamentali che devono possedere e non necessariamente per essere efficaci e d'impatto devono essere impenetrabili, infatti molti margini hanno una funzione unificante piuttosto che isolante; inoltre può essere utile che anch'essi posseggano qualità direzionali per indirizzare l'osservatore.
Non bisogna dimenticarsi poi di considerare il loro potere disgregante.
-        Quartieri: sono le zone in cui è suddivisa la città e possono essere di diverse grandezze; se possiedono caratteristiche particolari e identificabili possono essere anche usati come riferimenti esterni.
Molte sono le caratteristiche fisiche che li rappresentano, ad esempio lo spazio, la forma, il dettaglio, le attività, gli abitanti, la topografia e il grado di manutenzione. L'unità tematica raccoglie tutte queste caratteristiche, che hanno la capacità di renderla riconoscibile e famigliare, non solo all'abitante del quartiere, ma a tutti gli osservatori.
Quando l'unità tematica non è sufficiente ad identificare un quartiere entrano in gioco altre componenti, come ad esempio il nome, o le connotazioni sociali, o ancora i contorni che li caratterizzano, che possono essere duri e ben definiti, oppure soffici e incerti.
Una volta che il quartiere è stato reso distinguibile nell'insieme della città, il suo grado di omogeneità interno perde la sua importanza, così che possono crearsi quartieri di caratteristiche differenti e quindi ancora più interessanti. 
-        Nodi: sono i luoghi strategici e i punti intensivi di una città, nei quali l'osservatore si muove sia per raggiungerli, sia per spostarsi verso altre direzioni; possono essere congiunzioni, interruzioni, convergenze di percorsi o concentrazioni e non sono necessariamente di piccole dimensioni, molto spesso infatti sono rappresentati da grandi piazze o interi quartieri; inoltre se possiedono una forma particolare e unica l'effetto è ancora più rilevante.
I nodi possono essere di congiunzione o di concentrazione.
Fondamentale per garantire l'impatto dei nodi è la loro ubicazione, che dev'essere strategica e percettiva; un esempio di nodo di facile individuazione è quello costituito dalle stazioni metropolitane, o dagli aeroporti, o dalle stazioni ferroviarie, nodi di congiunzione che nella maggior parte dei casi sono facilmente distinguibili.
Per una maggiore chiarezza è utile che l'immagine non possieda troppi centri nodali.
-        Riferimenti: possono essere considerati come dei nodi, ma l'osservatore non vi entra, piuttosto li utilizza come riferimenti esterni per orientarsi nella città e nei suoi percorsi; sono solitamente oggetti ben definiti, come edifici, negozi, insegne o elementi naturali del paesaggio.
Loro caratteristica chiave è la singolarità, che li rende unici e identificabili e quindi distinguibili nella mente dell'osservatore; in particolare il contrasto figura-sfondo è un elemento fondamentale nel rendere riconoscibile un riferimento.
Anche la preminenza spaziale è una caratteristica importante, infatti può rendere un elemento visibile anche da grandi distanze o in alternativa può stabilire un contrasto locale con elementi vicini.
Un riferimento diventa ancora più incisivo se è situato in un luogo dove si devono prendere delle decisioni sulla direzione da seguire.
Una serie di più riferimenti posti in sequenza contribuisce a rendere chiaro e ed efficiente il movimento dell'osservatore, molto più che riferimenti singoli o isolati.

Tutti questi elementi non esistono singolarmente, ma sono sovrapposti e interconnessi uno con l'altro: solo così possiedono davvero efficacia e solo così possono davvero determinare l'immagine della città. Devono però trovare la giusta unione, per non entrare in conflitto e distruggersi a vicenda.
Lo strumento chiave per ordinare l'insieme sono i percorsi; è quindi importante che essi siano continui, che i suoi elementi (strade e vie) siano gerarchizzati visivamente e funzionalmente e che la direzione da prendere risulti chiara e definita. Punti terminali forti posso essere utili per dare il senso della progressione, mentre salite, discese e svolte possono essere usate per dare movimento al percorso.
Particolare attenzione va data anche agli incroci, che devono essere chiari e istintivi il più possibile.
Anche per quanto riguarda i margini è necessario un disegno accurato; fondamentale è la presenza di una certa continuità, ma è utile anche differenziare un lato dall'altro per avere un miglior orientamento tra interno ed esterno; importante è anche accrescere la visibilità del margine ed il suo uso, aumentando quindi la sua attrattività.
Riassumendo, le caratteristiche degli elementi sono le medesime e devono essere presenti insieme per renderli efficienti:
  1. Singolarità o chiarezza di figura sfondo: importanza del contrasto di un elemento, che lo renda notevole, rilevabile, vivido e riconoscibile.
  2. Semplicità di forma: chiarezza e semplicità della geometria rendono un elemento facilmente identificabile e memorizzabile nell'immagine dell'osservatore.
  3. Continuità: di margini o di superfici, che facilitano la percezione di una realtà fisica e complessa e la rendono unitaria.
  4. Preminenza: consente la semplificazione di un'immagine attraverso l'ordine e la gerarchia delle parti.
  5. Chiarezza di connessione: elevata visibilità di congiunzioni e suture e chiara relazione di un edificio al suolo.
  6. Differenziazione direzionale: importante per la progettazione di ampi spazi.
  7. Ambito di visione: qualità che agisce sullo sguardo e accresce la comprensione di un insieme vasto e complesso.
  8. Consapevolezza di movimento: le qualità che grazie a sensazioni fisiche e cinestetiche rendono percepibile all'osservatore il suo movimento.
  9. Serie temporali: connessione tra elementi, che risultano quindi legati tra loro da un filo temporale, con lo scopo di creare una continuità nel tempo.
  10. Nomi e significati: intensificano la figurabilità e l'identità di un elemento, in quadro più generale che rappresenta la forma fisica nel suo insieme.

Il designer si occupa di manipolare tutti questi elementi e le loro caratteristiche per poter dare alla città moderna, che è in continua crescita ed evoluzione, ciò che esige realmente: continuità e godimento.
Il metodo migliore per ottenere in buon risultato è utilizzare un'organizzazione il più possibile in sequenza, o che comunque segua uno schema temporale che dia sempre una percezione di continuità e interconnessione tra le parti.
Questo procedimento è applicabile sia alla creazione di una nuova immagine, sia alla riconfigurazione di un ambiente esistente e deve essere guidato da in preciso “piano visivo” che regola la forma della città assicurando l'applicazione e la relazione di tutti gli elementi.
L'obiettivo finale è rafforzare la pubblica immagine e creare un'immagine mentale di grande qualità, che sarà maggiore tanto più la forma di un ambiente urbano sarà sensibile.



Flavia Vigani







ORDINE


Kevin Lynch, L’immagine della città, Marsilio, Venezia 2006



“… se l’ambiente fosse visibilmente organizzato e precisamente definito, il cittadino potrebbe impregnarlo di associazioni e significati.
Esso diverrebbe allora veramente un posto, rimarchevole e inconfondibile.” 
Kevin Lynch


Ne “l’immagine della città”, Kevin Lynch propone un’analisi dell’immagine urbana utilizzando la percezione che i suoi abitanti hanno di essa.
L’obiettivo dell’indagine è quello di acquisire una conoscenza della città non solo attraverso uno studio analitico delle relazioni tra spazio e abitanti e dell’impatto visivo su di essi, ma anche attraverso le loro sensazioni, che vengono infatti descritte nel libro al fine di “suggerire un metodo attraverso il quale si potrà cominciare a trattare la forma visiva alla scala della città, e offrire alcuni principi per il disegno urbano”.

L’immagine è il frutto non solo di una percezione strettamente visiva o sensoriale, ma è relazionata a fatti culturali e sociali e ad abitudini del vivere quotidiano negli spazi della città.
Lynch basa la sua indagine su interviste in cui richiede agli abitanti dei luoghi visitati di disegnare una mappa della città o del quartiere e di rappresentare gli elementi più importanti.
Il contributo degli abitanti, essendo di tipo non tecnico ma piuttosto “profano” per quanto riguarda la materia dell’urbanistica e dell’architettura, genera una visione inedita del contesti urbani.
Si scopre così un’immagine globale costituita da frammenti di vita di ogni abitante: dalle impressioni sull’efficacia di un percorso al valore attribuito ad un particolare elemento o “fatto” della città; dai riferimenti che contribuiscono all’orientamento, alle “forme” che disturbano l’abitare i luoghi.
Si tratta pertanto non di un documento tecnico, anche se costituisce un importante “manuale” per la progettazione, bensì di una relazione sull’immagine della struttura urbana e dei suoi elementi riconcettualizzati in funzione di ciò che essi rappresentano realmente per gli abitanti.
L’immagine così ottenuta racchiude in sé un’importante valore sociale, in quanto costituisce l’opportunità per capire il punto di vista e le esigenze pratiche dell’utente, che non ha controllo sulla manipolazione degli spazi in cui si trova a vivere.

Le città prese in analisi sono Boston, Jersey city e Los Angeles.

Secondo gli intervistati Boston è una città di quartieri dai margini ben delineati ma caratterizzati da percorsi tortuosi.
L’ordine nella mappa mentale degli abitanti di questa città è quindi messo in discussione proprio da una “trama di linee di movimento” disorganizzata:

 “…vi sono spiccati contrasti tra le ampie strade principali e le strette strade traverse. La città centrale è una penisola circondata da un margine d’acqua..in maniera tipicamente bostoniana, anche parti specifiche del sistema altamente irregolare è composto da elementi separati che sono legati soltanto uno ad uno, o
qualche volta non lo sono affatto…è un sistema difficile da disegnare…”  (Pag: 39-46)

Dalle indagini su Jersey City risulta che l’ordine nell’immagine ambientale è minato dalla struttura della città:

 “..la città è marcata da margini forti o limiti di isolamento, ma gli abitanti non hanno una visione generale della città a causa della mancanza di forma spaziale e della caratteristica eterogeneità di struttura.” (Pag: 50)

A proposito di Los Angeles l’indagine di Lynch sottolinea la difficile lettura del tessuto urbano nonostante l’ordine delle strade:

 “…come cuore di una metropoli Los Angeles centro è assai carica di significati e di attività, con uno
schema fondamentale: la quasi regolare scacchiera delle sue strade. Tuttavia certi fattori fanno sì che l’immagine risultante sia diversa e meno precisa di altre città come Boston … i quartieri riconoscibili sono piccoli e lineari.. richiesti di descrivere o simbolizzare la città nel suo insieme i soggetti usavano parole come ”spread-out”, ovvero sparpagliata, spaziosa, senza centri…Los Angeles sembrava difficile da
visualizzare o concepire come un tutto.”( Pag: 53-58)

L’ordine è necessario per la formazione dell’immagine ambientale e la sua organizzazione.
L’abitudine al contatto più o meno costante con gli spazi influenza l’individuo e la sua percezione di ordine nei luoghi: la presenza fisica di una persona in un luogo agisce come fissante nella  memoria dell’abitante, che più o meno consciamente registra i connotati dei corpi che lo circondano.
In questo processo di registrazione, la qualità dell’”incisione” sul nastro della memoria è determinata dalla sensibilità e dalla capacità d’osservazione dell’individuo stesso.
Una prolungata presenza in un luogo determinerà inevitabilmente un’incisione altrettanto fedele nella memoria di un osservatore meno sensibile alle caratteristiche ambientali.
In ogni caso si svilupperà la “dimestichezza”, di cui parla Lynch, che permette all’abitante di familiarizzare con lo spazio e di farlo proprio e quindi di riconoscere l’ordine e l’organizzazione della struttura urbana in cui si trova.
La capacità di riconoscere quest’ordine contribuirà oltretutto alla formazione di uno stereotipo che servirà all’osservatore come modello da confrontare in caso si trovi in nuovi contesti urbani: trovandosi in un luogo mai visitato prima, l’osservatore attribuirà più facilmente un’organizzazione al tessuto urbano con il quale si trova a contatto.

“La coerenza dell’immagine può costituirsi in varie maniere.
Nell’oggetto fisico vi può essere poco di ordinato o notevole, eppure, attraverso una prolungata
dimestichezza, la sua immagine mentale raggiunge identità e organizzazione.
Un individuo rintraccia facilmente quel che vuole su quello che a chiunque altro apparirebbe
come un tavolo da lavoro completamente disordinato.
Alternativamente, un oggetto visto per la prima volta può venire identificato e relazionato, non
tanto perché familiare in se stesso, ma perché rientra in uno stereotipo già costruito
dall’osservatore.”( Pag: 28)

L’insieme dei percorsi è il catalizzatore nel processo di costruzione dell’immagine di un luogo e della sua organizzazione.
Il movimento attraverso i percorsi è un’azione in cui l’unica componente prefissata potrebbe essere la direzione che una persona ha intenzione di mantenere per raggiungere una meta.
“L’esperienza del percorso” dovrebbe costituire uno stimolo per l’osservatore in quanto ciò che egli incontra costituirà un’infallibile guida, che lo aiuterà a non perdersi e a percepire un senso di ordine.
Le attività e gli elementi distribuiti in sequenza lungo il percorso, le sue caratteristiche fisiche, i suoi margini, gli interstizi nei suoi bordi e le sue viste, l’illuminazione, sono tutti elementi che dovrebbero essere progettati con lo scopo di far percepire un’immagine ordinata della strada e della città che si attraversa.
Lynch esamina le descrizioni fornite dagli abitanti adottando un approccio psicologico per spiegare come i riferimenti fisici posti in sequenza siano anche riferimenti mentali, che influenzano la percezione del tempo in relazione alle azioni programmate che si compieranno in un luogo.
La condizione indispensabile perché i riferimenti siano percepiti dall’osservatore come un insieme ordinato è determinata dal carattere di continuità conferito alla disposizione di tali riferimenti.

“Serie di riferimenti disposti in sequenza, nelle quali ciascun dettaglio comporta l’anticipazione del prossimo e i dettagli chiave stimolano l’osservatore ad azioni specifiche, apparvero essere tipiche componenti del movimento dei nostri soggetti attraverso queste città.
In queste sequenze vi erano segni stimolanti, ovunque si trattava di decidere una prossima svolta e segni di conferma, che rassicurassero l’osservatore sulle decisioni già prese. ” (Pag: 94)

“I percorsi, la trama di linee di movimento abituale o potenziale attraverso il complesso urbano,
sono lo strumento più potente per ordinare l’insieme.
Le linee chiave dovrebbero possedere qualche attributo singolare, che le individua rispetto ai
canali circostanti: una concentrazione di qualche uso o attività speciale sui loro lati, una qualità
spaziale caratteristica, una particolare grana di pavimentazione o di facciata, uno specifico
schema di illuminazione, un complesso unico di odori o rumori, un dettaglio tipico o un sistema di
alberatura.”(Pag: 107)

“Questi attributi dovrebbero venire impiegati in modo da conferire continuità al percorso.
Se uno o più di essi è coerentemente adoperato in tutta la sua lunghezza, allora il percorso può essere figurato come un elemento continuo, unificato.” (Pag: 107)


Lorenzo Manca Liaci





ORDINE


Francois Chaslin, Architettura della Tabula rasa. Due conversazioni con Rem Koolhaas, Mondadori Electa 2003








Ognuno deve organizzare il caos che trova in sé.” - Friedrich Nietzsche
Per avere un valore aggiunto, occorre passare necessariamente attraverso la complessità” Rem Koolhaas

Analizzando il contenuto di “Architettura della Tabula rasa. Due conversazioni con Rem Koolhaas, ecc..” si riconosce chiaramente la parola “ordine” come concetto chiave delle due conversazioni tra Francois Chaslin e Rem Koohlaas.
I due intellettuali discutono a lungo su argomenti che riguardano le dinamiche urbane che riguardano le città contemporanee. Emerge chiaramente la poetica di Koolhaas legata al caos e alla congestione, che egli definisce come il destino delle città moderne.

...la sua poetica dei margini e del caos, e della tensione che attraversa il suo lavoro, delle concezioni che le appartengono, prima tra tutte quella di congestione”.

La congestione è legata alla presenza di reti e di sistemi di flussi. Ci si trova tuttavia ad avere la necessità di dover ricreare un ordine nel territorio di limite, di frangia, di periferia: le interzone. Si viene quindi a contrapporre il ruolo e le responsabilità dell’architetto e della sua progettazione, con la situazione reale del territorio urbano: l’estetica anti-architettonica che domina il paesaggio delle città contemporanee.

...improvvisamente ci trovavamo a dover creare un ordine, a svolgere il ruolo dell’urbanista nel senso più tradizionale del termine, e a scoprire, con sorpresa, che quel ruolo esisteva ancora. [...] Non abbiamo cercato di imporre a priori né un’estetica né una poesia del caos, dello scontro tra elementi urbani o dell’esasperazione delle infrastrutture. Ci siamo semplicemente trovati di fronte a una situazione che lo imponeva.”

L’architetto si deve confrontare con i territori di frangia, che ci costringe a confrontarci con il nostro fallimento e ci offre al tempo stesso i mezzi per porvi rimedio: ci propone una sorta di paesaggio allo stato grezzo.

...i suoi lavori tendono tanto spesso a privilegiare una sorta di poetica del limite tra due mondi, tra due epoche, tra due paesaggi, una passione per la frangia e la periferia...”

La cosa interessante per gli architetti, nelle situazioni di frangia, è il fatto che vi si incontrano condizioni non architettoniche. [...] lo scollamento che si è venuto a creare tra il ruolo mitico dell’architetto e la situazione reale in cui egli si trova a esercitare la professione.”

La teoria dell’architetto Rem Koolhaas nell’affrontare questo tipo di territorio urbano, caratterizzato dalla presenza di flussi e reti diversificate, e quindi governate dal caos, non è stata quella di imporre a priori un’estetica o una teoria del caos, ma di instaurare una serie di fermate, di cortocircuiti, che avessero la funzione di instaurare una densità di programmi all’interno della città preesistente.
Un esempio che viene citato spesso nel discorso è il grande complesso di Euralille, che riprende in gran parte i concetti precedenti.

L'apologia del disordine, il gusto del caos sono diventati [...] una specie di bandiera per gli architetti”.

...la congestione, che sarebbe la sorte riservata alle metropoli contemporanee, il destino della città moderna. […] è una condizione della società moderna, una condizione urbana, che si esercita anche fuori dalla città.”

Si trattano inoltre molti altri temi fondamentali della teoria di Rem Koolhaas riguardanti la città generica: vi è identità anche nella città generica, nonostante si creda che nei territori urbani contemporanei implichi la rinuncia di identità. Ma poiché si privilegia il modello della città storica, la città generica viene ritenuta del tutto priva di quelle qualità particolari.

...si svolge attualmente un dibattito [...] in cui sembrano fronteggiarsi due categorie di architetti: quelli che pensano essenzialmente in termini di spazio e quelli che pensano essenzialmente in termini di oggetti. […] la questione del vuoto ha un ruolo sempre più importante...”

E’ una contraddizione tipica dell’Europa contemporanea: dipendiamo da questi sistemi di reti; ci sono indispensabili e tuttavia li detestiamo, senza essere in grado, è ovvio, di trovare una benché minima alternativa alla loro presenza.”

Si sviluppa infine il concetto di spazio spazzatura: lo spazio che è totalmente della città contemporanea. Junkspace vuol dire che c’è un ‘esperienza contemporanea dello spazio che è universale e che si basa su valori interamente non-architettonici, e sul fatto paradossale di sfruttare e riciclare tutti i temi architettonici, senza conservarne nessuna qualità.

Quando parlo del brutto, non mi riferisco necessariamente a un valore estetico, ma piuttosto a costruzioni che non hanno un’estetica esplicita o nelle quali l’ambizione estetica non è una premessa. Quel che mi interessa, sotto questo profilo, è il generico, l’ordinario: la neutralità [...]. Eliminare il bello e il brutto come categorie, ci consentirebbe di percepire meglio tutta una serie di altre qualità.”

...la città generica implica la rinuncia di identità [...]. Vi sono identità anche nella città generica. Ma poiché si privilegia il modello della città storica, la città generica viene ritenuta del tutto priva di quelle qualità particolari.”

Nella cultura contemporanea c’è la totale arbitrarietà nella manipolazione dei segni. Quello che viene chiamato Junkspace è il ricettacolo della modernizzazione, una sorta di discarica, di disordine. Ordinato non lo è stato mai, anche perché è più rassicurante pensarlo come un disordine passeggero a cui si possa porre rimedio.

Junkspace vuol dire che c’è un ‘esperienza contemporanea dello spazio che è universale
e che si basa su valori interamente non-architettonici, e sul fatto paradossale di sfruttare e riciclare tutti i temi architettonici, senza conservarne nessuna qualità.”

Questo tipo di architettura ha un carattere senza fine; non si può mai ritenerla compiuta, perché gli edifici hanno sempre qualche parte in fase di ricostruzione. Questo spazio è mutazione perenne, cambia continuamente aspetto, è materialità provvisoria. L’urbanistica e l’architettura sono assenti: la nuova condizione urbana è frutto del connubio tra questo modo di occupare il suolo e un nascente talento nell’uso dei mezzi di comunicazione.


Sara Fontana





MODULO
Peter Eisenman, La fine del classico, Ed. Mimesis, 2009.
Filippo Andreoli 781500

Eisenman mette a confronto Palazzo Surian, Fabbrica Fino e il Palazzo Foscarini al fine di riconoscere una specie di continuità storica nelle costruzioni. Infatti gli edifici contenevano tutti “supposizioni basate su elementi familiari come i rapporti fra i moduli, le simmetrie e così via.” [p.84].
Eisenman sostiene infatti la necessità di effettuare un processo di decomposizione inteso come “processo negativo” [p.84]. Con la decomposizione, attraverso la quale “non è più utile leggere il modulo e l’ordine dei moduli – gli elementi principali dentro una tipologia classica”. Nel sistema classico, che secondo Eisenman è finito, il modulo è diventato uno strumento di rilevamento di alcune ripetizioni sia quadrate, sia rettangolari, sia frequenti, sia assenti. Infatti denominando determinate caratteristiche A o B si rileva la ripetizione e la successione per riscoprire dal raffronto fra i palazzi successioni e sovrapposizioni. A dimostrazione che questo metodo è valido, Eisenman mette a confronto il Palazzo Giuliani Frigerio sito in Como con la Casa del Fascio anch’essa sita in Como.
Quindi il modulo diventa uno strumento importante per analizzare trasformazioni e gli elementi compositivi, che in una chiave “classica” era legato più ad un tipo, mentre con la decomposizione sono state eliminate le tipologie.
Eisenman utilizza tre fiction: rappresentazione, ragione e storia. La rappresentazione utilizzava l’architettura e i suoi linguaggi del passato per dare validità all’ultima evoluzione dell’architettura stessa; la ragione doveva codificare l’idea di verità [p.115], ma “l’architettura non ha mai rappresentato la ragione perché non esiste immagine architettonica della ragione” [p.123]; la storia laddove il classico sosteneva la storia come garanzia di eternità, il movimento moderno dell’architettura ha rifiutato l’eternità, ma ha riconosciuto l’universalità della storia stessa. Osservando la facciata di un palazzo si può notare che la ripetizione stilistica non ferma, secondo Eisenman, il ragionamento dell’osservatore, ma anzi lo aiuta a superare il problema dell’inizio o della fine del classicismo per volgere verso nuovi campi di indagine e di esplorazione sulle trasformazioni che si sono verificate nel tempo nell’architettura con paragoni di elementi distanti per età, per tipo, per materiali, per concezione, per metodi costruttivi e questo può solo aprire nuove strade culturali per l’architettura.




“L’architettura della città”
Aldo Rossi
CLUP, edizione anno 1987
a cura di Daniele Vitale
Mattia Gregorio
Forma
“Nel descrivere una città noi ci occupiamo prevalentemente della sua forma; questa forma è un dato concreto che si riferisce a una esperienza concreta: Atene, Roma, Parigi. Essa si riassume nell’architettura della città (…).” (pag. 17)
La forma serve per descrivere e comprendere l’architettura della città e l’architettura rappresenta il mezzo di indagine.
La città viene intesa sia come grande manufatto sia come fatto urbano, se ci riferiamo a degli intorni più limitati; i fatti urbani infatti possiedono un architettura complessa e la loro forma rappresenta la loro stessa concretizzazione.
“(…) la descrizione della forma costituisce l’insieme dei dati empirici (…) può essere compiuta mediante termini osservativi; (…) intendiamo con morfologia urbana la descrizione delle forme di un fatto urbano, ma essa non è che un momento, uno strumento. Essa ci avvicina alla conoscenza della struttura ma non si identifica con essa.” (pag. 20-21)
Gli uomini trasformano il mondo per le proprie necessità e sono proprio queste trasformazioni che costituiscono la nascita delle prime forme architettoniche.
La critica alla questione tipologica evidenzia come la forma sia espressione del tipo infatti “(…) nessun tipo si identifica con una forma, anche se tutte le forme architettoniche sono riconducibili a dei tipi. Questo processo di riduzione è un’operazione logica necessaria e non è possibile parlare di forma ignorando questi presupposti.” (pag. 29)
Viene fatta una critica al funzionalismo ingenuo “Qui si respinge appunto quest’ultima concezione del funzionalismo,(…) secondo cui le funzioni riassumono la forma e costituiscono univocamente il fatto urbano e l’architettura. (…) Tale concetto assimila la forma a un organo per cui le funzioni sono quelle che giustificano la sua formazione e il suo sviluppo e le alterazioni della funzione implicano una alterazione della forma. (…)” (pag. 32)
Una visione di questo tipo però indica come le funzioni siano causa dello sviluppo e delle alterazioni delle forme e “La forma viene così destituita dalle sue più complesse motivazionida un lato il tipo si riduce a mero schema distributivo (…) dall’altro l’architettura non possiede alcun valore autonomo.” (pag. 32)
Sarebbe questa una semplificazione fuorviante in quanto i fatti urbani sono definiti da molteplici caratteri e non solo dalla semplice funzione.
“E poiché ogni funzione è rilevabile attraverso una forma, la quale poi è la possibilità di esistenza di un fatto urbano possiamo affermare che in ogni caso una forma, un elemento urbano, consente una rilevazione; (…)” (pag. 46)
Dobbiamo renderci conto “dell’importanza della forma e dei processi logici dell’architettura; vedendo nella stessa forma la capacità di assumere valori, significati e usi diversi.(…) Sono inoltre convinto che la mediazione tra funzionamento e schemi distributivi possa avvenire solo attraverso la forma.” (pag. 168-169)



FORMA

La forma è il punto di partenza per l’analisi della città, essa, infatti, è uno degli archetipi
Fondamentali dell’architettura, essendo espressione del tipo e concretizzazione dei fatti urbani. E’ grazie ad essa che conosciamo i manufatti e ne individuiamo le costanti che ci riportano ai modelli originari, permettendoci quindi, di comprenderne la storia che li ha prodotti.
L’autore critica fortemente la teoria del funzionalismo ingenuo che vuole assimilare la funzione alla forma. Una visione di questo tipo tende a interpretare le funzioni fondamentali nella formazione, sviluppo e alterazione delle forme.
Così facendo “la forma viene destituita dalle sue più complesse motivazioni e il tipo si riduce a un mero schema distributivo” classificazione che risulta semplificativa e alienante per l’architettura stessa dal momento che la qualità dei fatti urbani, risultato di diversi fattori, qual il locus, la forma e la memoria, risulterebbe del tutto svuotata di significato se questi venissero classificati solo in base alle loro funzioni.
ROSSI A., L'architettura della città, a cura di Daniele Vitale, CLUP editore, Milano 1987.
autori: Camilla Fasoli 769968, Crispino Alessandro Iannello 781192





Parola chiave: Tipo da Le variazione dell'identità: il tipo in architettura
di Chiara Gnisci

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