IDENTITA' / ESTETICA URBANA

IDENTITA'

Rem Koolhaas, “Junkspace”



Per Koolhaas l’identità è un requisito del quale la Città Generica deve spogliarsi per potersi dire davvero contemporanea.
«La città contemporanea è come un aeroporto contemporaneo»[1]. Questo rapporto può sussistere solo dopo questo processo che spesso viene visto come perdita. Ma alla scala in cui si verifica ha un significato.
Siccome noi viviamo nella contemporaneità e l’identità si compone di storia, sostanza fisica, contesto e di reale non riusciamo ad intuire che quello che noi realizziamo (nell’oggi) possa contribuire a costituirla.
Il concetto di identità si fonda principalmente su quello di storia, intesa proprio come opere passate realizzate e ora considerate come capolavori che dovrebbero essere presi ad esempio per i nuovi progetti. Koolhaas sostiene però: «Nella misura in cui la storia si sedimenta nell’architettura, l’attuale quantità umana inevitabilmente esploderà e consumerà la sostanza precedente»[2].
Perciò bisognerebbe instaurare un principio di tabula rasa che affondi le sue radici nella Bigness, perché essa distrugge ma è anche un nuovo inizio. Solo grazie ad essa potremo generarci un’identità contemporanea, dissociando così l’architettura dagli esausti modernismo e formalismo.
Koolhaas motiva questa sua visione analizzando il vincolo che l’identità genera, infatti sono legate proporzionalmente, maggiore è l’identità e maggiore sarà il vincolo che essa genera. Opponendosi all’espansione, all’interpretazione, al rinnovamento, alla contraddizione.
L’autore porta come esempio “negativo” (che segue questa visione ingessata) la città di Parigi che, secondo la sua visione, tende a diventare un’iper-Parigi. Mentre come esempio opposto, quindi “positivo”, parla di Londra che ha come sola identità la mancanza di un’identità ben definita.
Un altro concetto strettamente legato a quello di identità è quello di centro-periferia. Infatti la tragedia maggiore che essa genera si esprime in termini geometrici; «quando la sfera di influenza si espande, l’area caratterizzata dal centro si fa sempre più grande, diluendo senza speranza la forza e l’autorità del nucleo»[3].
Anche se l’architettura afferma di rivalorizzare, in questi ultimi anni, la periferia, essa non riesce a liberarsi del centro: senza centro non c’è periferia.
Comunque il centro risulta troppo piccolo per esaurire in se stesso tutte le funzioni che gli vengono richieste, quindi non è più il vero centro. Da esso dipendono sempre nuove parti per cui deve sostenere uno sforzo notevole ma anche subire continua manutenzione. Il fatto in sé genera una contraddizione palese: questo nucleo deve essere allo stesso tempo la componente più vecchia e più nuova all’interno della città.
Attraverso qualsiasi intervento comune nelle città contemporanee: inserimento di arterie di traffico, tunnel sotterranei, realizzazione di tangenziali, trasformare abitazioni in uffici e locali industriali in loft; incessante conversione di spazi funzionali in “spazi pubblici”, creazione di nuovi parchi, “museificazione”, sistematico restauro della mediocrità storica, l’autenticità viene completamente eliminata.
La Città Generica è quella che non necessità più del concetto di centro e quindi dell’imposizione dell’identità. Essa rompe questo vincolo di dipendenza.
«E’ la città senza storia. E’ abbastanza grande per tutti. E’ comoda. Non richiede manutenzione. Se diventa troppo piccola non fa che espandersi. Se diventa troppo vecchia non fa che autodistruggersi e rinnovarsi. E’ ugualmente interessante o priva di interesse in ogni sua parte. E’ “superficiale”»[4].
In questo suo saggio Rem Koolhaas dimostra quanto l’assurgere che l’identità sia il processo di condividere il passato è perdente nel nostro presente. A causa dell’aumento esponenziale della popolazione c’è sempre meno da condividere, ma anche la storia ha implicito in sé un concetto autodistruttivo: più se ne abusa meno si fa significativa finchè diventa addirittura dannosa.
Il concetto di identità quindi si impoverisce fino a risultare un semplice souvenir per turisti che, alla ricerca del “carattere” di una città, ne macinano l’identità fino a toglierle significato.
In conclusione, secondo Koolhaas, l’identità è un Business.



[1] R. Koolhaas, “Junkspace”, Quodlibet, Macerata 2006, p. 27
[2] R. Koolhaas, op. cit. p. 28
[3] R. Koolhaas, op. cit. p. 29
[4] R. Koolhaas, op. cit. p. 31


Maddalena Corti




Estetica Urbana

Una città, proprio come un libro, un edificio, una sinfonia può avere una determinata connotazione che genera un godimento estetico da parte di chi ne fruisce. Non solo osservatori, ma protagonisti integranti della mobilità della città. La città infatti per sua natura è viva e nonostante questo aspetto ontologico, differisce dagli altri soggetti prima nominati perché l’urbanistica stessa della città risponde a precisi bisogni da parte di chi la vive, che limita il piacere della contemplazione.
“Il disegno urbano è quindi un’arte temporale, ma raramente essa può servirsi delle limitate e controllate sequenze che sono proprie di altre arti temporali, come la musica.”
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 23-24

Leggibilità

Come si formano le immagini mentali che i cittadini hanno delle loro città? Lynch spiega che queste immagini, che variano da cultura a cultura, da città a città sono date dalla leggibilità delle stesse: simboli, facilità nel riconoscerne le parti permettono la costruzione di questo schema mentale dai parte dei fruitori.
“come questa pagina stampata, se è leggibile, può venire visivamente afferrata come un interrelazionato sistema di simboli riconoscibili, cosi sarà leggibile quella città, con i suoi quartieri, riferimenti o percorsi risultino chiaramente identificabili e siano facilmente raggruppabili in un sistema unitario”
Questa leggibilità stessa dei singoli elementi, che compongono poi un unicum, sono la strada regia per la definizione di contesto urbano da parte di chi lo vive. I cittadini si riconosco nella città quando c’è una chiara leggibilità tra i singoli elementi che la compongono.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 24-25-26

Figurazione Ambientale

E’ quel processo mentale in cui l’osservatore seleziona dal mondo fisico gli stimoli e li riorganizza costruendo per sé un’immagine. Questo avviene allo stesso modo nell’urbanistica artificiale, come nei paesaggi naturalistici.
Questo fenomeno è prettamente individualistico: ogni uomo si rapporta nella stesura della propria immagine mentale con ciò che osserva in modo diverso. Eppure si è analizzato che nelle grandi città, gruppi ampi di persone, posseggono tra loro i medesimi schemi mentali. Quello che si è ipotizzato è che l’immagine ambientale è composta tra 3 componenti: identità, struttura, e significato, ma quello che porta in città, allo sviluppo di un’immagine di essa è sempre secondo l’autore la facilità con cui l’osservatore non si trova spaesato, non si sente perduto nella moltitudine degli stimoli.
“un’immagine funzionale richiede anzitutto l’identificazione di un oggetto, il che implica la sua distinzione da altre cose, il suo riconoscimento come un’entità separabile. Questo è chiamato identità, non nel senso di eguaglianza con qualche cosa d’altro, ma con il significato di individualità o unicità. In secondo luogo l’immagine deve includere la relazione spaziale o schematica dell’oggetto con l’osservatore e con altri oggetti. Infine, questo oggetto deve avere qualche significato per l’osservatore, sia esso pratico o emotivo”
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 28-29

Figurabilità

La figurabilità (imageability) è per Lynch quella qualità contenuta da un oggetto fisico che permette a un osservatore la formazione immediata o meno di un’immagine. Questa può essere riconducibile a una forma, un colore e altre qualità dell’oggetto osservato. Se per i grandi spazi naturalistici, o le piccole città è stato relativamente semplice per l’osservatore il formarsi di quest’immagine, nei grandi spazi urbani il discorso cambia. L’uomo secondo l’autore non è abituato a rapportarsi a questi spazi enormi, e in un certo qual modo ne è disorientato. Per lo stesso motivo si è analizzato che lo sviluppo di “mappe urbane” con cui l’uomo si rapporta, forniscono una sorta di mappa mentale in cui l’uomo riesce in questo fenomeno di individuazione delle immagini ambientali a rapportarsi.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 31-35

Immagine Pubblica

“Sembra che per ogni città data esiste un’immagine pubblica, che è la sovrapposizione di molte immagini individuali”. L’immagine pubblica di una città è data proprio dal comporsi di tutte le immagini singolarmente individuate e fatte proprie. Nel suo libro Lynch ci parla di immagini composte solo da oggetti fisici percettibile, ma vi sono sempre secondo lo stesso altre influenze sulla figurabilità, e possono essere ad esempio il significato sociale di una certa area o la sua storia. Ne consegue comunque l’individuazione di macro-categorie che raccolgono al proprio interno le varie immagini individuali (fisiche), che permettono lo sviluppo di questa immagine pubblica della città, e sono:
- Percorsi
- Margini
- Quartieri
- Nodi
- Riferimenti
Questi riferimenti non sono fissi e garantiscono tra le parti una certa flessibilità di scambio se ne esiste l’esigenza. “Nessuno degli elementi tipo appena indicati esiste isolatamente nella realtà. I quartieri sono strutturati da nodi, definiti da margini, attraversati da percorsi, e costellati di riferimenti. In generale gli elementi si sovrappongono e penetrano l’uno nell’altro”
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 65-67

Immagini Individuali

Percorsi: questi sono essere strade, ferrovie, navigli. E sono quei canali secondo cui l’osservatore si muove abitualmente. La gente osserva il tessuto urbano proprio dai percorsi che vive abitualmente. I percorsi sono lo strumento più importante per ordinare l’ambiente urbano ed elevare la sua figurabilità, in modo tale da facilitare la sua identificazione e struttura visiva. Tale obiettivo può essere perseguito assegnando degli attributi singolari ai percorsi principali: una concentrazione di attività o servizi, una qualità spaziale caratteristica, un sistema di alberatura ecc. Tutti quegli elementi che aiutano a caratterizzare ed identificare un particolare percorso. La singolarità di un percorso può anche essere conferita da punti terminali forti oppure dalla sua peculiare morfologia, infatti gli osservatori sono spesso molto colpiti dalla evidente qualità “cinestetica” di un percorso, dal senso di movimento nel suo sviluppo: “una grande curva in discesa, che avvicina il centro di una città, può produrre una immagine indimenticabile”.
Margini: sono quegli elementi che l’osservatore non può considerare dei percorsi. Possono essere elementi di demarcazione, o di chiusura. Ad esempio barriere, rive, un muro. Il margine acquista forza e vigore se è visibile da una certa distanza, se caratterizza ed evidenzia le differenze dell’area, e se unisce chiaramente le due aree delimitate. Quando due aree fortemente contrastanti sono messe in stretta giustapposizione e il loro margine di incontro è esposto alla vista, l’attenzione visiva dell’osservatore si concentra facilmente. Quando il margine non è continuo e auto concluso, è importante che gli estremi posseggano punti terminali ben definiti che completino e localizzino la linea.
Quartieri: di grandezza media o ampia sono le zone più vaste della città, in cui l’osservatore riesce ad entrare anche mentalmente, riconoscendo un determinato quartiere dalle sue caratteristiche. E questo principio di identificazione sembra essere generato, non solo dal quartiere stesso, ma anche dal rapporto con la città (e gli altri quartieri).
Un quartiere urbano è un’area di carattere omogeneo, riconoscibile attraverso tratti che sono continui all’interno del quartiere e differenti altrove. Può trattarsi di una continuità edilizia, di colore, di materiale o della pavimentazione del suolo. Quanto più numerosa sarà la sovrapposizione di determinati caratteri tanto più forte sarà la risultante impressione di unitarietà della zona. Dove l’omogeneità fisica coincide con quella d’uso, l’effetto è inconfondibile. Il quartiere è ulteriormente precisato dalla definitezza e chiusura del suo contorno, ma ciò non implica il fatto che al suo interno non possa essere strutturato e differenziato: vi possono essere sotto-quartieri internamente differenziati purché siano coerenti con l’insieme, ovvero con il carattere circostante del sistema “quartiere”. Se opportunamente differenziato all’interno, un quartiere può esprimere le sue connessioni con altre caratteristiche cittadine, il contorno dovrà quindi essere penetrabile e non costituire
Nodi: i luoghi strategici tra le parti. Questi nodi possono essere incroci importanti tra più strade, attraversamenti, passaggi da un quartiere ad un altro. Ma anche aree ad alta considerazione sociale, e anche piazze. Sono gli epicentri strategici da cui la città sembra generarsi e delinearsi. Il nodo è maggiormente definito quando presenta un contorno netto e preciso, e se non si si sviluppa in modo incerto in ogni sua parte. Tanto più notevole se dotato di elementi che ne rafforzino l’identità e che vi focalizzino l’attenzione.
Riferimenti: Edifici, insegne, negozi, o anche una collina. Sono tutti riferimenti puntiformi, in cui anche se l’osservatore non entra fisicamente contribuiscono alla creazione dell’immagine pubblica. Una caratteristica in comune tra i riferimenti urbani è il fatto che questi non possono essere mobili, ma fissi.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 65-66 | 106 - 109 | 110 - 111 | | 114-115 |

Interrelazioni

In che modo si compie questa relazione? Si è osservato che i fruitori raggruppano gli elementi analizzati in organizzazioni intermedie, che possono essere chiamati complessi. Lo stesso fruitore riesce a percepire un unicum tra tutte queste parti, che tra loro sono interdipendenti. Facendo degli esempi un riferimento può minimizzare l'area urbana nel suo intorno o rafforzarla. Una strada ad alta percorrenza che può avere sia una valenza di margine sia di percorso permette di penetrare in un quartiere, ma allo stesso tempo spaccarlo. In questo modo si fissano le relazioni tra le parti che prese singolarmente non avrebbe senso.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 95-97

Variabilità

“Piuttosto che una singola immagine sembrano esistere gruppi di immagini, che più o meno si sovrapponevano o si relazionavano. Tipicamente esse erano disposte in una serie di livelli. Questa disposizione per livelli è una necessità in un ambiente esteso e complesso. L’osservatore deve anche continuamente adattare la sua immagine ad incessanti cambiamenti nella realtà fisica che lo attornia.”
Questi livelli con cui il fruitore orienta le sue immagini e la sua relativa variabilità, sono una quanto più semplice schematizzazioni degli elementi che compongono il tessuto urbano. Vari tessuti urbani, originati da diverse situazioni morfologiche, hanno permesso lo sviluppo urbanistico in questa chiave fatta di varianza. Nonostante le differenze tra i vari tessuti urbani tuttavia, gli abitanti dei vari posti hanno sviluppato personale codifica. Quello che accomuna i vari esempi presentati dal libro è il tendere a una semplificazione simile, nonostante le differenze morfologiche e di impianto urbano.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 97-99

Qualità

La qualità urbana è data dalla qualità delle immagini che abbiamo della città. Queste immagini appaiono qualitative quanto più di facile organizzazione nella testa dell’osservatore (o meglio del gruppo degli osservatori), per questo si può dire che una è tale “quanto è densa, rigida e allo stesso tempo vivida.” È quindi importante per Lynch, oltre ogni esempio presentato, la mappa mentale dei cittadini che hanno della città stessa. L’orientamento e il sentirsi parte di un progetto totalizzante del tessuto urbano formano la qualità, data dalla strutturazione dalle parti in cui i fruitori vivono: “Noi siamo continuamente impegnati nel tentativo di organizzare le nostre circostanze, di strutturarle, di identificarle. Quando si ristrutturano le città dovrebbe essere possibile conferir loro un forma che faciliti questi sforzi di organizzazione, anziché frustrarli.”
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 99-100

Disegno Urbano

Le qualità e le caratteristiche che dovrebbe avere una città possono quindi essere riassunte e suddivise in 10 punti fondamentali, utili anche come decalogo per il designer al fine di redigere un buon disegno urbano in tutte le sue parti:
- Singolarità o chiarezza di figura-sfondo: ne fanno parte tutte quelle caratteristiche che rendono facilmente identificabile un elemento, lo rendono notevole e riconoscibile.
- Semplicità di forma: chiarezza e semplicità in senso geometrico della forma visibile. Forme di questa natura sono assai più facilmente incorporate nell’immagine.
- Continuità: continuità di margini o di superfici, prossimità di parti, ripetizione ed intervalli ritmici, similarità e armonia di superfici, di forma e d’uso. Sono queste qualità che facilitano la percezione di una realtà fisica complessa.
- Preminenza: preminenza di una parte sulle altre a motivo della dimensione, dell’intensità o dell’interesse. Questa gerarchizzazione consente l’indispensabile semplificazione dell’immagine.
- Chiarezza di connessione: elevata visibilità di congiunzioni e suture, chiara relazione e interconnessione. Queste connessioni sono momenti strategici di struttura e dovrebbero essere altamente percepibili.
- Differenziazione direzionale: asimmetrie, variazioni e direttrici radiali che differenziano un’estremità dall’altra. Queste qualità sono intensamente sfruttate per la strutturazione ad ampia scala.
- Ambito di visione: qualità che accrescono il campo e la penetrazione dello sguardo, effettivamente o simbolicamente. Esse includono trasparenze, sovrapposizioni, viste e panorami che accrescono la profondità di visione.
- Consapevolezza di movimento: le qualità che rendono sensibile all’osservatore il suo movimento reale o potenziale, attraverso sensazioni fisiche e cinestetiche.
- Serie temporali: serie che sono percepite nel tempo, comprendono semplici connessioni elemento per elemento, in cui un elemento è semplicemente legato a quello precedente e a quello seguente, continuità nel tempo, sequenza melodica di elementi d’immagine.
- Nomi e significati: caratteristiche non fisiche che possono intensificare la figurabilità di un elemento, come, ad esempio, i nomi che possono aumentare a rappresentare e individuare l’identità di un luogo.
Libro: l’immagine della città – Kevin Linch Pagina: 130-135

Libro: l’immagine della città – Kevin Linch
autori: Simone Mastrogiacomo 781574 Giuseppe Marotta 781642

Post popolari in questo blog