COMPOSIZIONE / DECOMPOSIZIONE


DECOMPOSIZIONE (pag. 67-114)

Peter Eisenman, La fine del classico
Bartolini Marta
Parole chiave accessorie: Continuità, Composizione, Trasformazione, Classico, Tipo, Fiction.
L’autore usa il concetto di decomposizione per definire quel processo architettonico, utilizzato nella progettazione di oggi giorno, che si dissocia dai concetti di continuità e significato appartenenti al Classicismo e al Modernismo.
Prima di arrivare a parlare di decomposizione, Eisenman parte dal presupposto che la storia non è continua ma <<è fatta di assenze e di presenze>> (pag. 67): queste discontinuità hanno determinato dei momenti di rottura con il passato, in cui si è verificato un cambiamento del pensiero dell’uomo. L’architetto sceglie come momenti di rottura quelli del Rinascimento e del Movimento Moderno ma allo stesso tempo non li considera completamente estranei a ciò che li ha preceduti. Nello scritto “La fine del classico. La fine dell’inizio, la fine della fine” (pag. 115-148) mostra come gli stili architettonici rinascimentale e moderno siano legati al concetto di Classico, ovvero <<di ciò che è eterno, significativo e vero>> (pag. 117), una sorta di <<modello di ciò che è eccellente o di prim’ordine>> (J. Rykwert pag.115) in qualunque momento della storia, grazie alla presenza di quelle che chiama le tre fiction (della Rappresentazione, della Ragione e della Storia). L’oggetto architettonico in questi due stili contiene sempre l’idea di perfezione originale: nella progettazione si fa sempre riferimento a delle forme base, solo differenti. Si parla quindi di una rottura nell’ideologia e nello stile ma non di una allontanamento rispetto al fine ultimo di raggiungimento dell’ideale. Il cambiamento sta nel processo di composizione degli oggetti: la composizione classica vedeva l’ordine naturale come l’ordine ideale (il Tipo al quale aspirare) dal quale partire per giungere ad una fine prevedibile; al contrario la trasformazione modernista si basava sull’inverso. Presupponendo che la forma finale derivasse dal processo di analisi, la trasformazione prevedeva quindi la possibilità di ripercorrere quest’ultimo a ritroso per conoscerne le origini. In entrambe quindi l’oggetto architettonico è legato alle sue origini, siano esse naturali o astratte.
La decomposizione invece è quel processo che nega il rapporto tra una forma tipo ed un oggetto fisico, come si è detto alla base sia del Classico che del Moderno. L’oggetto si disgiunge infine dal processo che lo ha generato.
Eisenman associa ai processi di composizione e trasformazione l’immagine di un vettore positivo che parte da un livello zero, rappresentato dal Tipo, mentre la decomposizione non può essere altro che un vettore negativo che ritorna al livello di partenza (che è in sé stesso e non in una forma esterna). Nella decomposizione non è dato sapere come l’oggetto è stato concepito, non presenta una storia che lo giustifichi e perciò non è possibile neanche sapere quale sarà il suo futuro, come si evolverà nel tempo. È un oggetto atemporale, esiste solo nel presente, oppone alla storia reale una storia fittizia.
La decomposizione si pone quindi come un’alternativa al classismo ed al modernismo, un modo di operare diverso: non è più importante identificare il modulo e l’ordine con il quale quest’ultimo viene ripetuto (elementi che costituiscono la tipologia classica), anzi in questo nuovo processo il modulo viene usato per determinare le assenze e le differenze presenti nell’oggetto architettonico. Queste differenze sono anche sottolineate dall’asimmetria che caratterizza tale processo di progettazione: nella forma ideale del Classico tutto è simmetrico. L’oggetto perde inoltre le sue solite proporzioni o meglio vengono copiate: una volta le dimensioni erano determinate secondo la natura ma nella decomposizione, data la negazione del concetto di origine, è impossibile fare riferimento a qualcosa di esterno e perciò vengono riutilizzate ma senza una vera giustificazione. Abbandonando il ricorso al Tipo viene messo in discussione il significato stesso dell’oggetto: non avendo nulla che lo spieghi e slegato dal processo di composizione, quest’ultimo perde la sua identità, trasformandosi in qualcosa di inutile. La futilità è proprio una delle caratteristiche dell’architettura di oggi.

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