ABITARE / ARCHITETTURA/LUOGO





Sergio Crotti, “Figure architettoniche: soglia”




«Figura liminare, spazio della transizione, luogo di discrimine, soglia è termine la cui estensione concettuale trascorre dai miti d’origine ai riti di fondazione, attraversa i periodi storici e solca molteplici dominii del sapere»[1]. Così scrive Sergio Crotti riguardo il concetto di soglia, elemento cardine e principe della nuova costruzione della metropoli contemporanea, ma anche elemento fondante di una cultura della città; i contesti urbani, infatti, si costituiscono sempre di più per parti, o frammenti, i quali sembrano estraniarsi da quel tutto che ha caratterizzato la visione urbanistica, almeno quella del XX secolo.
Assimilabili a questa “teoria della soglia” sono i termini di limite e discontinuità che nel complesso sintetizzano la peculiarità principale di questa visione e cioè che «la soglia è correlativa tra la parte e il tutto, tra l’organismo figliato e il grembo originario, tra il nuovo e l’antico»[2]. Perciò si può affermare che nel contesto urbanizzato, così “disciolto” ed esteso, i luoghi di soglia costituiscano dei Landmark su cui ormai lo stesso soggetto urbano si fonda.
«Se ciò che divide unisce, la soglia è insieme separazione e ricongiungimento, ricevendo riconoscibilità dal discontinuo. Si connettono parti di natura interrotte, come avviene nei corsi d’acqua scavalcati dai ponti, o nelle cinte murate attraversate da porte: qui soglie proprie che altre volte appaiono improprie, dandosi per irraggiamento di tracce, o per disposizioni intese a replicare i limiti»[3].
Nonostante questi spazi discontinui, legati da residui naturali o artificiali, riescano ad essere i “luoghi superstiti”, le uniche isole sulle quali il progetto e il progettista si possono e si devono ancora interrogare essi sono raggruppati in questo insieme di soglia con un altro concetto pregnante e controverso dell’architettura contemporanea: il non-luogo« La soglia è un “non-luogo” conteso, condannato ad un singolare “strabismo etnologico”, poiché osserva insieme il sito immediato e le sue “esternalità” che, nel paesaggio “surmoderno”, sono costituite appunto di “non-luoghi” e di immagini»[4].
Secondo la mia percezione l’esempio ordinario e più frequente, all’interno della città contemporanea, di non-luogo è il centro commerciale; non a caso Marc Augé definisce, nel suo saggio, i centri commerciali come dei non-luoghi, contrap­ponendoli ai classici luoghi antropologici. Essi hanno la prerogativa di non essere iden­titari, relazionali e storici: qui, infatti, gli in­dividui si incontrano senza entrare in rela­zione, volendo solo consumare e accelerare le operazioni quotidiane.
Sono spazi legati più all’idea di movimento che a quella dello stare, grandi contenitori, chiusi e specializzati, dove si entra e si esce in certi punti controllati, in certe ore e per certi scopi. I percorsi sono sicuri e organiz­zati funzionalmente secondo la logica del mercato e tentano di riprodurre quell’ambiente raccolto della città tradizionale: così gli interni si “abbelliscono” di finte strade, finte piazze e finte fontane. «Fuori il vuoto, uno spazio aperto indifferenziato, spazi liberi di servizio, infrastrutture»[5].
La sfida per l’architetto non è quella di can­cellare i non-luoghi in quanto oramai radicati nella società contemporanea, ma quella di renderli parte organica di un tutto: una città che non risponda più solo al centro storico, ma che si arricchisca di altri poli si­gnificativi del nuovo modo di vivere.
La diversità non rende questi luoghi “sba­gliati” funzionalmente, ma risulta essere fuorviante il modo in cui essi vengono aggre­gati. Inoltre, come dei recinti, i centri com­merciali si “aprono” al fruitore e si chiudo­no fisicamente al contesto e al cittadino.
Il concetto di soglia, quindi anche quello di non-luogo, dovrebbero essere i “motori” per una nuova ricerca architettonica, volta a decifrare la città del frammento e a realizzarne politiche di multipolarità che possano ridarle un’identità.


[1] S.Crotti, “Figure architettoniche: soglia”, p. 7.
[2] S. Crotti, op. cit. p. 25
[3] S. Crotti, op. cit. p. 25
[4] S. Crotti, op. cit. p. 16
[5] Marc Augé, “Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità”, Milano, Elèuthera, 1993


Maddalena Corti




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